sabato 12 gennaio 2013

PROLOGO


Pensieri ruvidi sul morbido cuscino della stanza 402.
Antoine Delamont guarda il soffitto come un uomo che guarda alla fine della propria vita. E dopotutto, non è proprio così, la sua vita?
Incolore, con una crepa qua e là e qualche ragnetto negli angoli.
Le crepe le conosce tutte.
Solleva un dito, indicandole una ad una.
Quella là, profonda e che praticamente taglia a metà il soffitto, è di sicuro Bernardette.
La sua eterna fidanzata, un concentrato di boccoli e capricci che l'ha fatto penare per anni con le sue richieste. Perché non si vestiva così, perché non guadagnava cosà, perché non la portava mai in vacanza, perché non le aveva ancora chiesto di sposarsi. Una vocetta petulante per una ragazza che avrebbe potuto (e voluto) avere molto di più, ma chissà perché si era incaponita a prendere lui, un povero Cristo senza troppe qualità, e a smussarlo a colpi di martello per trasformarlo nel suo uomo ideale.
Bernardette, capelli lunghi e gonnellina corta, da perenne studentessa. Che gli prendeva la mano per camminare e gliela lasciava per indicargli ogni vetrina e il suo adorabile contenuto.
Lei sì che ha tagliato a metà la sua vita.
Non ci credeva proprio, quando finalmente si è decisa a lasciarlo. Lasciarlo andare, lasciarlo in pace.
“Ho capito che tu non cambierai mai per me” gli ha detto, lisciandosi una ciocca dei suoi lunghi capelli e guardandolo negli occhi. Lui invece le guardava i piedi. Portava le ballerine, ma come accidenti si possono mettere scarpe simili con un freddo barbino e neve in arrivo? E invece portava le ballerine, perché Bernardette non è tipa da tacchi, lei era una che corre, che non perde tempo.
E di tempo, con lui, ne aveva perso fin troppo.
“Hai ragione” gli ha risposto Antoine semplicemente, e così è finita.
Lei ha annuito, pratica come sempre, e senza cerimonie se n'è andata. Senza dir nulla. Neanche un bacio sulla guancia, un augurio per il futuro, un “mi dispiace” anche per finta.
Questa era Bernardette.
Ce ne sono altre, di crepe, però. Più piccole, ma sempre pronte a minare il soffitto della sua esistenza.
Il suo lavoro precario che sì, no, boh, forse in futuro si aprirà qualche opportunità. Ma sei comunque un membro importante dell'azienda. E così eccolo a farsi due ore di treno a tratta, quattro in tutto, andata e ritorno per compilare scartoffie, ascoltare reclami, mandar via qualche insistente. Bernardette diceva che lo hanno scelto per la sua passività. Perché dopo un po' che discuti con uno senza spina dorsale, passa la voglia anche a te.
Poi beh, c'è una mamma delusa che vorrebbe avere già un'orda di nipotini ad affollare il suo salotto, gustare il suo viande au café de Paris e prestarsi alla sua gioviale tirannia domestica.
L'ombra di un padre che anche dalla tomba continua a far pesare la sua superiorità. Antoine lo ha a malapena conosciuto eppure è il suo costante spettro, il modello ideale con cui viene costantemente confrontato.
Eh, son tante le crepe, a contarle bene.
Ma non sono le crepe a preoccupare Antoine Delamont, stanza 402, Hotel Poire Verte. “La Pera Verde”, ma che accidenti di nome è, per un hotel?
No, le crepe sarebbero le benvenute, con il loro lento stillicidio di intonaco vitale.
Il problema sono proprio loro, i ragnetti.
Perché uno bello grosso è appena riemerso dal suo oscuro angoletto per rivendicare i propri diritti.

Nessun commento:

Posta un commento