Pensieri ruvidi sul morbido cuscino
della stanza 402.
Antoine Delamont guarda il soffitto
come un uomo che guarda alla fine della propria vita. E dopotutto,
non è proprio così, la sua vita?
Incolore, con una crepa qua e là e
qualche ragnetto negli angoli.
Le crepe le conosce tutte.
Solleva un dito, indicandole una ad
una.
Quella là, profonda e che praticamente
taglia a metà il soffitto, è di sicuro Bernardette.
La sua eterna fidanzata, un concentrato
di boccoli e capricci che l'ha fatto penare per anni con le sue
richieste. Perché non si vestiva così, perché non guadagnava cosà,
perché non la portava mai in vacanza, perché non le aveva ancora
chiesto di sposarsi. Una vocetta petulante per una ragazza che
avrebbe potuto (e voluto) avere molto di più, ma chissà perché si
era incaponita a prendere lui, un povero Cristo senza troppe qualità,
e a smussarlo a colpi di martello per trasformarlo nel suo uomo
ideale.
Bernardette, capelli lunghi e
gonnellina corta, da perenne studentessa. Che gli prendeva la mano
per camminare e gliela lasciava per indicargli ogni vetrina e il suo
adorabile contenuto.
Lei sì che ha tagliato a metà la sua
vita.
Non ci credeva proprio, quando
finalmente si è decisa a lasciarlo. Lasciarlo andare, lasciarlo in
pace.
“Ho capito che tu non cambierai mai
per me” gli ha detto, lisciandosi una ciocca dei suoi lunghi
capelli e guardandolo negli occhi. Lui invece le guardava i piedi.
Portava le ballerine, ma come accidenti si possono mettere scarpe
simili con un freddo barbino e neve in arrivo? E invece portava le
ballerine, perché Bernardette non è tipa da tacchi, lei era una che
corre, che non perde tempo.
E di tempo, con lui, ne aveva perso fin
troppo.
“Hai ragione” gli ha risposto
Antoine semplicemente, e così è finita.
Lei ha annuito, pratica come sempre, e
senza cerimonie se n'è andata. Senza dir nulla. Neanche un bacio
sulla guancia, un augurio per il futuro, un “mi dispiace” anche
per finta.
Questa era Bernardette.
Ce ne sono altre, di crepe, però. Più
piccole, ma sempre pronte a minare il soffitto della sua esistenza.
Il suo lavoro precario che sì, no,
boh, forse in futuro si aprirà qualche opportunità. Ma sei comunque
un membro importante dell'azienda. E così eccolo a farsi due ore di
treno a tratta, quattro in tutto,
andata e ritorno per compilare scartoffie, ascoltare reclami, mandar
via qualche insistente. Bernardette diceva che lo hanno scelto per la
sua passività. Perché dopo un po' che discuti con uno senza spina
dorsale, passa la voglia anche a te.
Poi
beh, c'è una mamma delusa che vorrebbe avere già un'orda di
nipotini ad affollare il suo salotto, gustare il suo viande
au café de Paris e prestarsi alla sua gioviale
tirannia domestica.
L'ombra
di un padre che anche dalla tomba continua a far pesare la sua
superiorità. Antoine lo ha a malapena conosciuto eppure è il suo
costante spettro, il modello ideale con cui viene costantemente
confrontato.
Eh,
son tante le crepe, a contarle bene.
Ma
non sono le crepe a preoccupare Antoine Delamont, stanza 402, Hotel
Poire Verte. “La Pera Verde”, ma che accidenti di nome è, per un
hotel?
No, le crepe sarebbero le benvenute,
con il loro lento stillicidio di intonaco vitale.
Il problema sono proprio loro, i
ragnetti.
Perché uno bello grosso è appena
riemerso dal suo oscuro angoletto per rivendicare i propri diritti.
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