Età: 32
Provenienza: Roma
FUGA D'AMORE
L'aurora rischiarava le
sagome dei palazzi della città. Iniziava ad albeggiare e una luce
brillante rendeva tutto più definito, netto. La notte stava
ritirando veloce il suo buio, come se il sole prepotente volesse
scacciar via le tenebre.
Elena socchiuse gli occhi
e respirò a fondo l'aria ancora frizzante della notte.
“È ora di muoversi”
disse.
“A quest'ora siamo
svegli solo io, lei e un paio di galli insonni” brontolò l'uomo
alle sue spalle.
Elena avrebbe voluto
fulminarlo con un'occhiataccia, ma quando si voltò vide che a
dispetto delle parole e dell'aria indolente con cui le aveva
pronunciate, l'uomo era pronto a partire.
“Dobbiamo sfruttare
ogni istante di luce” ribatté, allora, con un tono forse un po'
troppo saccente.
“Ne va della salvezza
del mondo!” aggiunse l'uomo con enfasi, scoppiando a ridere.
Anche Elena avrebbe
sorriso, se le parole appena pronunciate non fossero state così
dannatamente vicine alla verità.
Mentre camminavano
silenziosamente sulle polverose stradine che conducevano lontano
dalla città, verso il porto, Elena ripensò a come era giunta a quel
punto.
Si era innamorata.
Bastava questa frase a
giustificare quello che stava per fare e quello che, molto
probabilmente, ciò avrebbe comportato?
Non lo sapeva...ma non
poteva farci niente.
Era sposata da diversi
anni, ma il suo era stato solo un matrimonio di convenienza...un
matrimonio per sigillare un'alleanza.
Non amava suo marito.
Aveva creduto che un
giorno, forse, ci sarebbe riuscita...ci aveva creduto veramente,
almeno fino a che i suoi occhi non si era posati su di lui.
Dio, era di una bellezza
quasi sfacciata.
Alto, con una zazzera
bionda arruffata, gli occhi magnetici ed opalini, il sorriso
sfacciato e impudente sempre stampato su quel volto dai lineamenti
delicati, quasi effeminati.
Cupido aveva scagliato la
sua freccia non appena i loro sguardi si erano sfiorati.
Si erano incontrati
durante una cena ufficiale, lui era in missione diplomatica.
Erano i primi giorni di
autunno, le foglie cadute sembravano farfalle morte con le ali
spalancate.
Le era passato accanto,
sfiorandole un braccio.
Lei lo aveva guardato e
in silenzio lo aveva seguito, così senza domande, senza
presentazioni…quelle erano venute in seguito, quando già non
avrebbe più potuto immaginare una giornata senza i suoi occhi.
Ed ora eccola qui, a
sfidare il destino, pur di stare con l'uomo a cui sapeva di
appartenere.
Elena era così presa dai
suoi pensieri che non si accorse che l'uomo davanti a lei si era
bruscamente fermato.
“Ma che diavolo...”
esclamò, sbattendo contro la sua schiena.
L'uomo alzò la mano
facendole segno di tacere.
Elena stava per ribattere
che non poteva trattarla in quel modo, quando vide che l'uomo aveva
afferrato il coltello che portava con sé e lo stava puntando verso
un cespuglio pochi metri più avanti.
Trattenne il fiato.
Lo sconosciuto le aveva
salvato la vita già una volta, la sera prima, alle porte della
città.
Era stata aggredita da
una banda di malviventi e se quell'uomo non fosse intervenuto, lei
probabilmente sarebbe morta.
Tremò al ricordo.
“Non dovrebbe andare in
giro da sola” l'aveva rimproverata, una volta al sicuro.
“Devo raggiungere il
porto” aveva balbettato, ancora sotto shock.
“Bene e allora sarò la
sua scorta!”
Elena non aveva avuto la
forza di controbattere, sicura che con le prime luci dell'alba l'uomo
l'avrebbe lasciata sola per seguire la sua strada...e invece era
ancora qui, a proteggerla.
Dal cespuglio,
all'improvviso, emerse un coniglio che li guardò curioso, prima di
zampettare via.
L'uomo sorrise e si
rilassò.
Quando si voltò vide
Elena seduta per terra, tremante.
“Cavolo, mi ha fatto
prendere un colpo”
“Era solo un coniglio”
disse l'uomo, aiutandola a rialzarsi.
“Ma nemmeno lei lo
sapeva, visto che lo ha affrontato armato di tutto punto” ribatté
piccata.
L'uomo scrollò le spalle
e si rimise in marcia, ma poco dopo si accorse che Elena non lo stava
seguendo.
“E ora che le prende?”
“Non ricordo il suo
nome”
“Non ricordo di
averglielo detto!”
Elena incrociò le
braccia e lo fissò.
Era un uomo alto e
imponente, con le spalle larghe e il collo taurino. Aveva la
carnagione olivastra e due profondi occhi neri. Nonostante l'aspetto
minaccioso, però, emanava sicurezza.
“Mi sento in forte
imbarazzo...lei sa benissimo chi sono io, mentre io...”
“Sfido” ribatté
l'uomo, sfoderando un sorriso disarmante “Credo che chiunque in
questo paese, ma anche nei paesi vicini, sappia chi è lei. Mi scusi
se glielo dico, ma con quel travestimento non ingannerebbe nemmeno un
cieco. Non basta un cappuccio per nascondere una simile bellezza”
Elena arrossì per
l'inaspettato complimento.
“Se non vuole dirmi il
suo nome, mi dica almeno perché mi ha salvato e perché mi sta
scortando”
“Perché gliel'ho
chiesto io” esclamò qualcuno alle sue spalle.
Non ebbe bisogno di
voltarsi...quella voce, l'avrebbe riconosciuta ovunque.
“Oh fratellino sei
arrivato...la tua bella è un vero peperino!”
Elena guardò i due
uomini: non si somigliavano per niente.
Scrollò il capo...in
questo modo il cappuccio cadde rivelando una massa ondulata di
capelli, dorati come un campo di grano.
Elena corse dall'uomo che
amava e si gettò tra le sue braccia.
“Paride, amore...mi
devi una spiegazione!” disse, dopo averlo baciato
appassionatamente.
“Andiamo, credi davvero
che ti avrei fatto attraversare tutto il paese da sola?!”, poi
indicando l'uomo che l'aveva scortata, aggiunse: “Elena ti presento
Ettore, mio fratello!”
L'uomo si inchinò con
fare ossequioso strappandole un sorriso.
“Sei pronta a
cominciare la tua nuova vita?” le domandò Paride, stringendola
forte a sé.
Elena fece un segno con
il capo.
Sì...era pronta...da
quel momento in poi sarebbe stata Elena di Troia.
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