Età: 56
Provenienza: Milano
ELENA
"L'aurora
rischiarava le sagome dei palazzi della città. Iniziava ad albeggiare e una
luce brillante rendeva tutto più definito, netto. La notte stava ritirando
veloce il suo buio, come se il sole prepotente volesse scacciar via le tenebre.
Elena socchiuse gli occhi e respirò a fondo l'aria ancora frizzante della
notte. <<E' ora di muoversi>>, disse."
Raccattò la borsa da terra, che sempre posava accanto alla
porta ogni sera quando rientrava, il cui contenuto aveva però modificato. Non
più le chiavi di quella casa ma, al loro posto nella cerniera interna, tanti
piccoli tagli di denaro, racimolato nel tempo con molte piccole rinunce facendo
sempre attenzione a non destare sospetti. Poi, un cambio di biancheria intima,
perché Elena odiava indossare qualcosa che non profumasse di bucato.
Quell’odore, fastidioso, intenso, non l’avrebbe mai più
subìto.
“Che ci fai qui dentro, con queste mani?” le aveva chiesto
Lorenzo sorridendo e sfiorandogliele con gentilezza per attaccare discorso.
“Lavoro, ma amo disegnare” gli aveva risposto Elena
impacciata ma stupita e affascinata da quel ragazzo che ne aveva, unico fra
molti, notato la forma aggraziata.
Lo aveva conosciuto sei anni prima, servendogli una birra
nel locale dove lei lavorava nel tentativo di guadagnare qualche cosa per
pagarsi quel corso. Avrebbe voluto
diventare una stilista, disegnare abiti per donne fortunate. Elena era
capace di trasformare un tovagliolo di carta in un piccolo quadro. Matita o
penna che fossero li domava, assoggettandole alla propria capacità e fantasia.
Una storia iniziata così, come mille altre nate quelle in
borgate periferiche.
“Non vi erano quei palazzi alti, li hanno costruiti dopo”
pensò gettando un’occhiata all’esterno. Ma lo specchio all’ingresso le rimandò,
facendola quasi trasalire, la figura di Lorenzo, il quale, pancia all’aria e
bocca spalancata, russava fragorosamente. Non si sarebbe mai abituata alle sue
sbornie.
“Stai esagerando Lorenzo” gli aveva detto Elena, dopo solo
un anno di convivenza.
Non era un compleanno o una data da ricordare, eppure Elena
non la poté mai più dimenticare.
Lorenzo, con il suo grosso palmo sudato e lo sguardo carico
di rancore, l’aveva colpita con tale violenza che Elena era stata costretta ad assentarsi
dal lavoro e rimanere, per una settimana, chiusa in casa perché nessuno potesse
mai chiederle cosa fosse successo. Il suo viso aveva cambiato colore ogni
giorno, prima di tornare a quello naturale. E il suo cuore non era più stato
tranquillo. Batteva, s’interrompeva, riprendeva, lei lo sentiva agitarsi nel
suo magro torace, era lì per ricordarle la delusione e la paura di avere incontrato
quel ragazzo. L’illusione, la fede o chissà che, le impedì tuttavia di ammettere che non sarebbe riuscita
a cambiarlo. Ma non vi è amore femminile che riesca a fermare una mano maschile
violenta. Ci impiegò cinque anni a capirlo. Cinque anni che percepì come
fossero dieci.
Persino quel calcio là, ben assestato nelle reni, e poi il
sangue, la triste conferma che la sua prima gravidanza si era così interrotta.
La prima ma anche l’ultima.
Silenzio, nel cuore, non confidare a nessuno le regole di
quella prigionia, non chiedere consiglio, ma trovare in se stessa la forza di
capire, di analizzare, di riflettere … di andarsene.
Lorenzo aveva conservato un
unico pregio ai suoi occhi, quello di averle fatto comprendere la
propria forza interiore, della sopportazione prima e della ribellione dopo.
Elena aveva finalmente smesso di credere alle favole,
consapevole che, come nel bosco vi sono pericoli, così la città è un enorme
bosco di cemento dentro al quale si nascondono animali aggressivi come Lorenzo.
La luce del primo raggio, quella mattina, cercandosi strada
tra le fessure delle persiane, infastidì però il buio del sonno di lui, che movendo la
propria mole, si mise a chiamarla, ripetendo il suo nome in modo strascicato e meccanico.
“E’ ora di muoversi” ripeté spaventata di nuovo a ste
stessa, chiudendosi la porta alle spalle e volando giù per quei gradini
fatiscenti nel modo più silenzioso e veloce possibile.
Cinque piani con il cuore sospeso, cinque anni di sbalzi,
come un tracciato impazzito.
I marciapiedi ancora deserti, sembravano indicare meglio il
percorso verso quei palazzi alti, che Elena aveva tante volte osservati come
fossero stati un miraggio
irraggiungibile.
Un brivido le attraversò la schiena, l’emozione che solo
un’alba o un momento di paura superata possono regalare, poi infine un respiro
rigenerante la soprese.
“E’ ora di muoversi. Verso la libertà” ripeté a se stessa
osservando le linee geometriche di quell’orizzonte mattutino.
A quando la "prossima puntata"???? E' talmente bello che ti lascia con la voglia di ricominciare.....
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