Età: 52
Provenienza: Bozzolo (Mn)
ELENA E RUFUS
nonum
kal. Septembres
L'aurora
rischiarava le sagome dei palazzi della città. Iniziava ad
albeggiare e una luce brillante rendeva tutto più definito, netto.
La notte stava ritirando veloce il suo buio, come se il sole
prepotente volesse scacciar via le tenebre. Elena socchiuse gli occhi
e respirò a fondo l'aria ancora frizzante della notte. «È ora di
muoversi», disse.
Le
strade, a quell’ora del mattino, erano quasi deserte; Elena aveva
percorso a rapidi passi la vie che si snodavano fra le insulae
che sorgevano accanto alla Porta Nolana; giunta sul decumano che
conduceva alla Porta di Stabia, aveva rallentato il passo. Si guardò
attorno e vide solo qualche pescatore, costoro erano fra i primi a
giungere in città con la speranza di vendere la propria mercanzia,
dalle loro espressioni, felici o imbronciate, si poteva capire se la
pesca era stata fruttuosa o povera.
Dopo
aver imboccato il decumano in direzione sud la donna si volse, aveva
udito un rumore di calzari farsi sempre più vicino, poco dopo un
uomo avvolto in una toga di pesante stoffa pregiata la raggiunse e la
superò correndo.
“Ha
fatto tardi in un lupanare per patrizi” pensò e sorrise.
Il
suo pensiero corse a due anni prima, quando era giunta in città al
seguito di suo zio, un mercante. Lei, greca, era stata scambiata per
una lupa.
«Che
altro mestiere fate nel vostro Paese se non prostituirvi» l’aveva
apostrofata, sprezzante, un giorno, una serva mentre acquistava delle
frittelle da un venditore ambulante, poco distante dal tempio della
Fortuna Augusta.
“Già
in questa stupida città i lupanari sono pieni di greche e allora
tutte le greche sono lupe” scosse la testa, quasi volesse scacciare
quello stupido pensiero.
Ancora
pochi passi e sarebbe giunta nei pressi della caserma dei gladiatori
che sorgeva a meno di due stadi
dalla Porta di Stabia.
Era
lì che il suo Rufus le aveva dato appuntamento e si sarebbero
salutati. L’uomo, il suo uomo, sarebbe stato lontano da lei, così
la aveva promesso, solo per pochi giorni.
Rufus
era stato incaricato di raggiugere la flotta a capo Miseno e
informare il comandante delle conclusioni alle quali era giunto dopo
due settimane di intenso lavoro e di raccolta di prove e
testimonianze sul mal funzionamento dell’acquedotto che da qualche
tempo assillava la città.
«Avrò
l’onore di incontrare il Prefectus
classis Misenis» le
aveva detto con orgoglio.
Rufus
aveva usato parole di grande rispetto per quel comandante militare;
lo aveva descritto come un uomo di grande saggezza.
Quella
dolorosa separazione sarebbe stata però il preludio a una nuova
vita, Elena e Rufus sarebbero presto partiti per Roma. Il suo Rufus,
in qualità di librator,
aveva terminato l’ispezione all’acquedotto ed era pronto a
ripartire per la capitale con il suo carico di notizie e una lunga
relazione sul malfunzionamento dell’acquedotto. Avrebbe formulato
una serie di ipotesi sulle ragioni di quel guasto. Le aveva spiegato
tutto questo ed Elena, paziente, lo aveva ascoltato, pur non capendo
nulla di ciò che per Rufus era chiaro. La donna sapeva soltanto una
cosa, al ritorno dalla visita al Prefectus
a capo Miseno da sarebbero partiti alla volta di Roma.
Giunta
nei pressi della Caserma dei gladiatori scorse Rufus che la
attendeva, il cuore di Elena accelerò i battiti mentre si
precipitava fra le braccia dell’uomo che la strinse a sé senza
pronunciare parola.
«Rufus,
promettimi che la nostra separazione non durerà che poche ore».
«Sarò
di ritorno prima dell’ hora settima» fu la risposta di Rufus.
Il
giovane, poi, secondo il suo costume, volle sdrammatizzare e
aggiunse: «Come
disse un giorno Seneca “Non posso dirti l’ora con certezza; è
più facile mettere d’accordo i filosofi che non gli orologi”1».
Elena
rise e lo abbracciò ancora una volta.
«Elena
ti affido questa» disse Rufus consegnandole una piccola pergamena
sulla quale aveva tracciato alcuni schizzi e una data, «mi
serviranno quando ritornerò da Capo Miseno».
Elena
guardò quegli schizzi, incuriosita, non comprendeva nulla dei segni
tracciati da Rufus sulla pergamena ad eccezione della data:
POMPEII
Dies Martis nonum kal. septembres
DCCCXXXII AVC2
1
“horam
non possum certam tibi dicere; facilius inter philosophos quam inter
horologia convenit”
2
La data è quella del 24 agosto 79 d.C. tristemente
famosa per l’eruzione del Vesuvio che distrusse Pompei, Ercolano,
Stabia e durante la quale trovò la morte Plinio il vecchio.
Mi piace davvero molto, mi ha ricordato Pompei di Richard Harris. Brava!
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