martedì 26 febbraio 2013

Se la sapienza bussa alla porta...


È domenica. Piove.
E voi, prigionieri del torpore delle mura domestiche, sull'onda della noia dilagante, della 19° serie di Un medico in famiglia dove ormai nonno Libero è ultracentenario, del berciante sgallinare delle due tamarre di turno a Uomini e donne che parlano di amore vero, decidete di intraprendere un'impresa apparentemente innocua.
Fare un dolce.

Apparentemente, appunto. Perché quest'ingenua decisione si rivelerà tra le peggiori mai fatte, peggio che iniziare la dieta sotto le feste di Natale, portare la suocera con voi in vacanza o cercare di resistere per più di dieci minuti al film di Twilight.
Ma voi, ancora ignari del cataclisma che si sta per abbattere sulla vostre cervici, vi apprestate a quella che sembrerebbe la semplice, ordinaria preparazione di un dessert.
E lì succede.
Suona il campanello.
È lui.
Il Sapiente.
Colui che ha raccolto la saggezza millenaria di tutte le civiltà del globo terraqueo, ha ereditato il sapere perduto della biblioteca di Alessandria, ha ricevuto illuminazioni da ogni divinità esistita dal paleolitico a oggi, e si è umilmente sobbarcato la missione di edurre tutti i comuni mortali sul sacro codice di “come vanno fatte le cose”.
Il Sapiente entra avvolto in una nuvola di mistica prosopopea, che lo accompagna veleggiando fino alla sedia.
Dopo le due chiacchiere di rito, in cui sentite il suo occhio scrutatore scandagliare a fondo la cucina e l'anima, timidamente lo mettete a parte delle vostre intenzioni.
“Sai, stavo per fare un dolce”.
E lì si illumina. Un anelito di pura generosità lo anima all'idea di aprirvi generosamente le soglie della sua immensa conoscenza.
Ma la sua sconfinata umiltà fa sì che da principio faccia solo una modesta osservazione. “Ti spiace se resto?”
E voi, ingenui, dite che sì, non c'è alcun problema.
Anzi, magari mi dai anche qualche buon consiglio.
Sbam.
Roba da mandargli in sollucchero le papille gustative.
Maria Antonietta che cinguettando depone la testa sul piano della ghigliottina, chiedendo cosa sia questo bel giochino.
Ma voi non sapete, non immaginate, e cominciate a disporre gli ingredienti sul tavolo, sentendovi giusto un filino osservati, ma ehi, sarà un'impressione.
Distrattamente, gli chiedete di passarvi tre uova.
Silenzio.
Un leggero disagio si deposita tra di voi.
Il Sapiente resta seduto.
Sorridendo perplessi, ripetete la richiesta.
Il Sapiente resta seduto.
Mentre iniziate a chiedervi se la sua elevazione spirituale si spinga fino allo spostare gli oggetti col pensiero, il maestro proferisce parola, imponendosi sul silenzio e fugando ogni dubbio.
Il sopracciglio è alzato in un fiero cipiglio. “Quante?”
Il tono è così indignato da farvi venire il dubbio se abbiate chiesto tre uova o lo sterminio di tutti i cuccioli di panda.
Dalla gravità della successiva osservazione, si direbbe la seconda. “Mi stai dicendo che fai il ciambellone con tre uova?”
No, ne uso una, con le altre faccio dei numeri di giocoleria. Sai, un piccolo hobby.
Il suo sguardo si vena di compassione per l'inconsapevole abisso della vostra ignoranza. “Due uova e mezzo tuorlo” afferma, stupito e risoluto “Assolutamente”.
Leggermente instupiditi e altamente mortificati, prendete obbedienti le uova, chiedendovi come diamine si faccia a sezionare mezzo tuorlo, ma come ignorare un'affermazione tanto decisa?
Il Sapiente, però, non ha finito qui.
In ogni singolo movimento, percepite il suo sguardo schiacciarvi con tutto il peso della sua vetusta esperienza.
E i suggerimenti arrivano salvifici a colmare l'immensità delle vostre lacune.
"La farina non la setacci?”
"L'impasto mi sembra un po' lento...”
"Starai mica mescolando in senso antiorario?”
"Dimmi che quella che ho visto non è cannella”.
La generosità dei suoi commenti è tale che non riuscite più a seguire: goccioline di sudore freddo iniziano a rigarvi le tempie, le dita tremano nello stringere il mestolo, la salivazione si fa scomposta, il respiro irregolare.
Al massimo della confusione, vi ritrovate a setacciare la cannella, frullare la farina e cercare disperatamente di far colar via mezzo tuorlo dall'impasto, con la cucina che assomiglia sempre più al brodo primordiale e l'impasto alle prime creature anfibie.
Ma lui, il Sapiente, non ha ancora finito.
Dopo avervi edotti sulla temperatura ideale di preriscaldamento del forno, sul perché rivestire la teglia di carta forno invece di imburrarla, su come colare correttamente l'impasto nello stampo, tempo un quarto d'ora e vi ritrovate tra le mani una torta colorita come Carlo Conti all'ennesima lampada, sbilenca come le labbra della Marini dopo l'ultimo ritocco, con i contorni lisci e regolari come i fiordi norvegesi.
E solo allora, guardando quell'aborto degno della gemella schizzata della Parodi, il Sapiente si alza dalla sedia.
Con tutto il rammarico di un vate che ha raccolto il sapere mistico dell'intera umanità per riversarlo sulla vostra torta ma che ha dovuto cedere di fronte alla vostra inettitudine, sospira. “Non ti viene mica tanto bene, il ciambellone, sai? La prossima volta ti do la mia ricetta, vedrai che con quella fai un figurone”.
La bile fa l'hula-hop nel vostro fegato, mentre alzate verso il mentore uno sguardo assassino degno del migliore sciamano tribale.
Raccogliendo l'ultimo residuo di civiltà, lo accompagnate alla porta, sperando in cuor vostro che un'orda di fan di Justin Bieber possa sbranarlo appena passata la soglia; e solo quando è fuori, dalla vostra casa, dalla vostra vita, fuori dai maron, iniziate a rilassarvi.
La prossima volta, la sapienza può benissimo restarsene a casa propria a sfornare ciambelloni da fabbrica degli orrori.
E voi, vi farete semplicemente una torta Cameo.





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